L’Italia anni 50: quando le automobili erano arte su ruote

L’Italia anni 50: quando le automobili erano arte su ruote

Una goccia nello stagno di un appassionato che ha salvato e rianimato centinaia di LANCIA Aurelia, sopratutto B20. Perché non le ho lasciate nei campi di demolizione visto che valevano a ferro? Perché erano capolavori, perché erano opere d´arte, perché erano il meglio che l´Italia sapeva esprimere, perché erano bellissime e modernissime, Perché mi emozionavano ancora e per sempre. La bellezza oggettiva va ben oltre la soggettivitá ! La modernitá che esisteva una volta, era rappresentata da soluzioni tecniche assolutamente innovatici e di eterno successo ma anche da canoni ben chiari e pragmatici di evoluzione stilistica che é durata un secolo e conclusa ( aimé) con quello passato. Dal veicolo ippotrainato alla linea quasi retta. Concezione molto sportiva della coupé ma adatta anche alla prima della Scala. Varie serie, almeno sette, con cadenze annuali. Ogni serie con le sue forti caratteristiche che le rendeva differenti, uniche. Da una berlinetta cattivella, leggera e spartana, 1951,  si passó alla piú venduta, la ´52, la " codine". Nel 1953 la piú performante in assoluto, la piú B20 ! Motore 2.500, 118 HP, ponte indipendente a molloni da guidare senza incertezze con " manico". Seguí , nel ´54, IV serie, la cosí detta :" balestrata,   ponte De Dion". Vetri azzurrati ed elegantissime  maniglie a pulsante. Il Gianni amava giocare, come noi, con le automobiline giocattolo. Cresciuto , l´ing. Giannone, lo fece con quelle vere, grandi. Giocattoli costosi per adulti che se lo potevano permettere. Creó altri capolavori da gara che vinsero tutto quello che si poteva vincere ma, al finale si ritrovó solo con debiti. Nel ´55, quindi, la B 20 cambió in pratica solo per gli strumenti, degli Jegher stupendi , sportivissimi che furono montati solo quell´anno. La meno costruita e, forse, la piú rara attualmente. Ormai gli anni si facevano sentire come la concorrenza e le difficoltá finanziarie. Per lei, la B 20, la stagione delle gare era al tramonto. Si scelse di inborghesirla, renderla piú confortevole ed elegante. Ormai le sarebbero bastati 110 HP. Altri progetti dell´Ing. De Virgilio (  col supporto morale del quale ho inventato il Registro Aurelia Italiano e disegnato il suo logo) di un motore con alberi a cammes in testa furono obbligatoriamente abbandonati. La LANCIA  era pur sempre la LANCIA ma la decadenza era iniziata seppur garbatamente. Noi la chiamavamo :" ponte Flaminia", ai tempi. Stupende, finiture e materiali, accessori di gran qualitá, cruscotto che pareva di cristallo indaco, a parte le " nere". Le ultime due serie differivano solo, in pratica, dai deflettori ai finestrini laterali. Piú adatte ormai per la Scala, la via Italia di Cortina con relativo giretto tra i passi alpini con la famiglia o la via Condotti a Roma. La linea delle fiancate filante senza obsolete marcature dei parafanghi ( non prive di fascino sulle B 24) la rendeva modernissima. La formula stilistica fu la pietra miliare di tutte le Granturismo moderne. Non accetto critiche da neofiti che credono di saper di auto d´epoca perché guardano il web o le hanno intraviste in un raduno. Io la AURELIA la ho vissuta dal primo giorno. Io sono ormai un veterano, un superstite che si é anche patentato con la LANCIA Aurelia. Con la ´53 ci sono andato in Inghiklterra a 18 anni e con mio fratello Dino. Posso affermare che, tra quelle possedute e quelle centinaia restaureate ( 500 km di miei collaudi prima della consegna) sono anche, per il poco tempo che mi rimane, colui che piú chilometri ha sul suo palmares o carnet di vita su questi capolavori. Questo documento é anche uno dei miei testamenti morali.

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